29 novembre 2011

È stato difficileh, ma ce l'avete fattah!


Diciamoci la verità: nessuno avrebbe mai potuto immaginare che lo spot destinato a porre fine per sempre alle speranze dell’anfora aviotrasportata dell’Amaro Montenegro di poter un giorno insidiare il record di longevità del Pennello Cinghiale sarebbe stato quello che è. Nessuno, sano di mente, avrebbe mai potuto prevedere che, nel giro di pochi giorni dalla sua messa in onda, il seguito di una storica avventura di 30 secondi che da anni ci emozionava come una partita di curling sarebbe stato deriso da chiunque. 


Personalmente me ne guarderò bene dall'unirmi al coro di lazzi e pernacchie che lo sta accompagnando in ogni salotto del web, bensì esprimerò tutta la mia ammirazione per gli sconosciuti creativi che con un coraggio d'altri tempi, oserei dire risorgimentale, hanno voluto innalzare questo monumento a imperitura memoria della follia che alberga nella mente di troppi clienti, sbattendoci impietosamente in faccia le sue devastanti conseguenze. 


Non è difficile ipotizzare come si possa essere arrivati a tanto, avendo anche solo una sommaria conoscenza dei processi mentali della patologia. In preda ai tipici tormenti di un io diviso tra i due grandi poli malefici (innovazione e tradizione), il soggetto pensa di trovare una via d'uscita nella più estrema applicazione del fattore ma anche: avventura- salvataggio ma anche leggerezza, cameratismo tra uomini ma anche socialità, valori veri ma anche una rotonda sul mare, fino all'emblematico corrente per gli strumenti ma anche una lampada a petrolio sul tavolo. È così, e soltanto così, che si può arrivare, magari senza nemmeno accorgersene, all'inspiegabile deriva su un mare come olio di una chiatta chiamata barcone degli strumenti, sulla quale cinque musicisti vestiti da sera e un anonimo pescatore in cerata compongono un quadro surreale degno di una crosta alla De Chirico.


Guardare questo spot ogni giorno, prima di iniziare il proprio onesto lavoro, è un dovere morale per tutti noi, un monito perenne con cui nutrire la coscienza, se ce l'abbiamo.
Vorrei tanto poter conoscere il nome e il volto di chi avrebbe il diritto di gridare al mondo - questo l'ho fatto io! - anziché nascondersi nella modestia dell'eroe vero. 
Se qualcuno può aiutarmi lo faccia, e mi farà felice.






7 novembre 2011

Il falò delle vanità


Sarebbe perlomeno auspicabile che prima di cominciare a raccontare certe cose, per parole o per immagini, ci si ponesse onestamente la domanda - ne sarò capace? -  e onestamente ci si rispondesse, nel caso, - no -. E, nel caso, si lasciasse perdere, anche se l'intenzione fosse stata delle più lodevoli. 
È evidente come in Lorenzo Marini Group la si pensi diversamente, e non ci si preoccupi minimamente di ridurre l'ambiziosissimo racconto dell'imaginifico spettacolo con cui il fuoco di un camino riesce a ipnotizzarci in trenta secondi di banalità buttate lì alla rinfusa grazie a effetti che di speciale hanno solo il gusto. Pessimo, grossomodo come quello che ci resta in bocca se costretti a guardare il fuoco al di là di un vetro.